Tramonti di cartone

Parole nude
Io non so pregare
Allora spogliami
C'è ancora il tuo odore
Impregnato
Nei sussurri poetici
Una litania di voci
In questo ostello a ore
Parole nude da ricalcare
E altre camere oscure
In cui celare i miei alibi
Che intanto trascino
In un trolley vuoto
Lungo corridoi
Di corpi affogati
Sudore
Le tasche
Piene di ipocondrie
Fanno da contraltare
All'eutanasia di piedi scalzi
Non sono nient'altro
Che un criceto in un loop autistico
Tutt'intorno
Un labirinto di periodi ipotetici
Dilemmi tortuosi
E un oceano di contraddizioni
Sul baratro di un palinsesto vuoto
Mi preparo
Ad una nuova esibizione
Mi preparo
A saltare nel vuoto
Mi preparo
A disboscare le ultime briciole
Ma prima
Ti prego
Avvicinati
E stringimi

Stringimi forte



 

Inizia così Tramonti di cartone. Un bel libro. L'ho letto tutto d'un fiato. Poi mi sono soffermata. Tornando indietro e rileggendo. Assorbendo verso dopo verso. Rigo dopo rigo. 
Innanzitutto un plauso a questo collettivo di autori: Marcello Affuso, Valentina Bonavolontà e Giulia Verruti. Sì, per aver amalgamato armonia e bellezza su tre livelli artistici differenti. E aver regalato emozioni in versi, prosa e immagini. 
La poesia è cosa assai ardua e pochi riescono in quello che per me è il suo principale intento: smuovere gli animi. Scrostare quella patina odiosa di banali formalismi e scavare nel corpo e nell'anima. Se poi ai versi si accompagna una musicalità inebriante caratterizzata da un ritmo serrato, il gioco è fatto. 
Nessun segno di interpunzione. Le parole sono libere di rincorrersi senza affastellarsi. In un susseguirsi che si dipana e si arrovella.  In un turbinio emotivo che si espande sino a scontrarsi con una prosa breve e crudele il cui scopo del raccontare raggiunge e poi va ben oltre le immagini che si rivelano nella parte finale di questo volume.

C'è tutto. L'amore, la vita e la morte, il dolore, la solitudine, il destino, i dubbi, le scelte. E vengono declinati nelle variegate desinenze e spigolose tessiture di trame note eppur sconosciute. In un rutilante perdersi e spesso non ritrovarsi nella moltitudine di incontri e occasioni mancate. E in quell'atteso 'sì' che diviene un 'no' per prendere il pullman verso la mia nuova vita. Nel sottile filo del destino di due sguardi che, finalmente, si incontrano. 
Il bagaglio umano di dolori e delusioni, la fatica di restare e la bellezza del frantumarsi e lasciarsi andare in una nefasta idiosincrasia di intenti. Tu mi hai chiesto del tempo, io ti ho dato spazio. Quando io ti ho chiesto spazio tu mi hai dato tempo, indeterminato. 
La sacralità di un amore profanato e perduto in paesaggi e ricordi che si ritrovano in quel 
Racconta
Di tutti gli odori
Diversi dal tuo
In cui 
La mia carne sbattezzata
Non trova alcuna speranza
E gli eccessi di un'ingordigia emotiva che si risolvono in una 
Bulimia emozionale 
Vomito le scorie impigliate tra le tue calze a rete
Te le sfilavo con la fame tra i denti 
Con l'isteria primordiale 
Di chi non vuole nient'altro
Che essere guarito 
In fretta [...]

Le riflessioni specchiate di immagini a pezzi: Mi guardo e vedo solo frammenti. Non so più dove posizionare i pezzi. Lo specchio riflette l'immagine senza penetrarla, come una foto della superficie [...]


E si ritrova quell'umanità stanca e disfatta, speranzosa e disillusa. Quella insolenza di rischiare e vivere, di aver paura e allo stesso tempo sorprendersi di una nuova opportunità che nasce in Tramonti di cartone.


I disegni sono di Federica Crispo
Foto di Erica Bardi 
Introduzione di Sabrina Goglia

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