A cavallo verso nessuno, intervista a Serena Guerra

 

Quello che vi presento oggi più che un libro è un viaggio introspettivo. Il viaggio che ognuno di noi compie nell’arco di una vita. Se si è fortunati e si decide di viverla e di non lasciarsi vivere.

A cavallo verso nessuno (Rossini editore) di Serena Guerra è il diario di un’esistenza comune eppure unica, un percorso nel quale ci si riconosce ma soprattutto ci si conosce. Sì, perché ciò che vive la protagonista si riflette su di noi e dunque parallelamente ci si interroga, che lo si voglia o no, ci si mette in discussione. La spontaneità con cui scrive e racconta è palese sin dalle prime pagine. Molto contribuisce anche la narrazione in prima persona, ironica e diretta. E così veniamo accolti e coinvolti nella sua vita, nei suoi progetti, nelle sue vicende, nelle sue conquiste e dure risalite, per giungere semplicemente alla verità unica che apparteniamo al Tutto e che il resto ci avvelena in una corsa utile solo se finalizzata al nessuno nel titolo.

Questa profonda consapevolezza la protagonista la raggiunge attraverso la sua grande passione per i cavalli. Dalle prime cadute, da cavallo e metaforiche, all’incontro con il kung fu. Alla scoperta di quanto possa essere traviante l’ego e quanto sia importante non arrendersi agli ostacoli.

Un libro semplicemente profondo, una scrittura immediata ed efficace che restituisce al lettore la consapevolezza di un viaggio in cui lasciata cadere la zavorra dell’ego ci si può immergere nelle profondità di se stessi e ritrovarsi in quella dimensione evolutiva che non ha mai fine e ci accompagna lungo l’intero percorso della vita.

Di seguito l’intervista all’autrice. Una ennesima e bella testimonianza.


Partiamo dal titolo, che mi ha incuriosita molto all’inizio e ancor più al termine della lettura: ‘A cavallo verso nessuno’. Iniziamo dalla fine, insomma. Perché ‘A cavallo verso nessuno’?

Bene, qui si parte subito con un “domandone”, visto che si tratta proprio del concetto che, nelle ultime pagine, tira le somme di tutta la storia narrata nel libro.

Cerchiamo di farla più semplice possibile: credo che il termine “ego” sia noto un po' a tutti. È quella parte di noi che cerca di emergere, identificarsi e affermarsi, e su questo si trovano d'accordo sia gli psicologi sia i mistici. Il nostro ego si nutre dei successi, dei riconoscimenti, del prevalere e del definirsi. In altre parole, del separarsi. L'ego è una linea ben marcata che ci distingue sia dagli altri sia dal contesto intero di ciò che ci circonda. E mentre, da una parte, ci gratifica con sensazioni piacevoli ogni volta che viene appagato, dall'altra ci tormenta con le mancanze, la frustrazione, i desideri irrealizzati, per non parlare del senso di solitudine che ci crea, facendoci percepire noi stessi come identità isolate e circoscritte.

Dal lato opposto dell' ”ego” abbiamo lo spirito, il soffio vitale che anima tutti noi, che non distingue né separa, che dà vita all'Universo intero; non desidera, non rimpiange, non spera, non cerca: semplicemente “È”. In questo spirito universale possiamo ritrovare la nostra vera essenza e la vera gioia, che non dipende più dal conquistare, perdere, e conquistare di nuovo, in un vortice ininterrotto di eros e pathos, ma semplicemente dal fonderci col Tutto. Ma questa mancanza di confini, questa perdita di identità, necessita della rinuncia all'ego, al “qualcuno”... e come chiamare la “mancanza del qualcuno” se non “nessuno”? E soprattutto, come liberarci dalle catene dell'ego? La protagonista della nostra storia ci riesce attraverso la grande fiducia che ha nel proprio cammino e grazie alle sue grandi passioni, la più grande delle quali è proprio il cavallo. Attraverso di esse svilupperà la capacità di impegnarsi, di non fermarsi né alle apparenze né ai primi ostacoli, e soprattutto inizierà a comprendere come la fusione, che implica l'abbandono della propria identità, possa essere infinitamente più gratificante della separazione.


Com’è nata l’idea di scrivere il tuo primo romanzo?

In realtà non è nata. Non c'è stata preparazione, progettazione. Una serie di forti esperienze si sono susseguite nella mia vita, così come nella vita di tutti, che hanno plasmato il mio modo di essere e soprattutto di pensare. Ma non ho mai organizzato l'azione di mettere sulla carta il frutto che ne è naturalmente scaturito. Ho sempre letto molto, sempre amato scrivere. Un giorno mi sono seduta per scrivere alcune cose... e non mi sono fermata più; la storia ha preso il suo filo, si è srotolata con molta naturalezza, senza particolari elaborazioni mentali. Come fosse stata già lì pronta, aspettando solo che qualcuno la conducesse fuori.


Raccontare, soprattutto di se stessi, è un’esperienza profonda. Sembrerebbe semplice, eppure non lo è affatto. Ma sicuramente, in un certo qual modo, ‘ripercorrerci’ ci cambia. Cosa ti ha lasciato la scrittura di questo romanzo?

Senz'altro più limpidezza. Un conto è pensare qualcosa, ben altro è esprimerla in maniera comprensibile a qualcun altro. Quando cerchi di esprimere, di trasmettere, sei costretta a chiarificare pensieri che fino ad allora sono stati nebulosi, a dare linearità alle idee contorte e frammentarie, a imporre un ritmo definito alle emozioni ballerine. Nel complesso, scrivere questo romanzo è stata un'azione di cesello e finitura del mio modo di leggere la vita, e soprattutto del modo di pormi di fronte ad essa.


Se potessi tornare indietro, cosa cambieresti della tua vita?

Non cambierei una virgola. Dovremmo smettere di interrogarci sui cambiamenti che vorremmo nella vita. È come guardarci allo specchio e chiederci cosa vorremmo cambiare dello specchio. Se l'immagine che ci ritorna non ci piace, è noi stessi che dobbiamo cambiare, non certo lo specchio. Allo stesso modo, se qualcosa della nostra vita non ci piace, forse è il nostro modo di porci di fronte a essa, in realtà, che è sbagliato. La felicità deriva da ciò siamo, e non da quello che ci viene da fuori.


Nella tua vita ci sono stati due grandi amori: l’equitazione e il kung-fu. Entrambi hanno contribuito alla persona che sei oggi. Chi sei oggi?

Io credo che la prima cosa che caratterizza noi umani sia l'inconsapevolezza. Non riusciamo a prendere coscienza di noi stessi finché non ci vediamo riflessi in qualcosa. La nostra esistenza è un percorso continuo di scoperta di cose che ci sono già, ma di cui rimaniamo inconsapevoli finché non ci è data l'occasione di farle emergere con chiarezza. I cavalli e il kung fu sono stati, per me, potenti scandagli, capaci di condurmi all'esplorazione della parte più profonda e più vera di me. E più si scende in profondità e più l'ego, che si nutre dell'effimero e puramente sensoriale, resta in superficie. Così, seppur lontana ancora dalla meta, alla fine ho capito almeno quale direzione devo seguire, ed è quella che propongo nel mio romanzo. Per cui, se mi domandi chi sono oggi, posso rispondere solamente: una donna in cammino verso nessuno.




Sinossi del libro

Gli eventi della nostra vita arrivano per caso o con uno scopo preciso? È ciò che cercherà di scoprire la protagonista, istruttrice di equitazione, praticante di arti marziali e donna ai ferri corti con Dio. Una storia per tutti, profonda ma anche ironica, che ci lascia con l’animo leggero e un sorriso sulle labbra.


Cenni biografici sull'autrice

Serena Guerra, classe 1967. Dal 1990 lavora nel mondo dei cavalli, prima come artiere e groom, poi come istruttore di equitazione inglese e giudice di dressage. Dal 2005 al 2010 ha praticato kung fu tradizionale presso varie associazioni sportive. Ad oggi è presidentessa della ASD “La mezza fermata”, da lei fondata, che si occupa della pratica e della divulgazione degli sport equestri.


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