Enigma Laocoonte, intervista a Francesco Colafemmina

Stamattina torno a parlarvi di un libro che mi ha colpita particolarmente e la cui esperienza di lettura è stata molto coinvolgente e illuminante. Mi riferisco a Enigma Laocoonte (edito Mimesis), il libro-inchiesta firmato da Francesco Colafemmina, di cui vi ho raccontato qualche tempo addietro. Una pubblicazione dove l’autore sviluppa l’ipotesi, assai probabile per la verità, che il gruppo scultoreo del Laocoonte vaticano sia in realtà un falso riconducibile a Michelangelo. La vicenda della contraffazione, infatti, gira intorno a due figure principali, quella di Michelangelo e quella di Giulio II. Ma troverete tanti altri personaggi in questa storia che inizia il 14 gennaio del 1506 con il ritrovamento, nella vigna di Felice De Fredis, di un complesso marmoreo.


L’occasione per raccontarvi ancora una volta di questa pubblicazione particolarmente interessante è la breve intervista all’autore, dove ci sono i punti principali di una ricerca durata anni, che oltre a regalare un’ipotesi affascinante traccia anche un profondo percorso nel quale storia, arte e cultura rivelano le profondità dei valori, della conoscenza e degli ideali che l’opera custodisce e si porta dietro.


Di cosa parla Enigma Laocoonte?

Enigma Laocoonte parla di una ipotesi affascinante, ma anche di una relazione profonda fra un’opera d’arte e ideali, valori, conoscenze che vanno al di là dell’epoca della sua creazione o della sua scoperta. Più nel dettaglio Enigma Laocoonte analizza la possibilità che il famoso Laocoonte vaticano non sia affatto un’opera d’arte antica, ma un falso antico attribuibile a Michelangelo, fra i primi ad accorrere sul luogo della sua scoperta nel gennaio del 1506. Ma è anche un viaggio nella cultura del Rinascimento italiano alla ricerca delle costanti consonanze fra quest’opera d’arte e lo spirito dell’epoca in cui fu ritrovata.


Come e quando è nata l’idea di scrivere questa sorta di libro-inchiesta?

È nata oltre un anno fa, a seguito di un episodio di cronaca. Il suo protagonista, un mio caro amico, mi richiamò l’immagine di Laocoonte, aggiungendo che nella nostra epoca chi denuncia il vero, finisce per essere zittito dai serpenti, come nel mito.

Come si è svolta la ricerca alla base del libro?

È stata una ricerca approfondita sulle fonti storiche, un’analisi dettagliata dei caratteri dei protagonisti della scoperta del Laocoonte, nonché uno studio, potremmo dire a cerchi concentrici, per analizzare le probabili interpretazioni del Laocoonte alla luce delle istanze e delle speculazioni di fine ‘400.

Quanto tempo ha impiegato nella realizzazione del testo, tra ricerca e scrittura?

All’incirca due anni.

Ha avuto modo di recarsi suoi luoghi di cui racconta nel libro?

Certo, e in diverse occasioni, spesso animato da un profondo spirito critico nei riguardi del mio stesso studio. Devo dire, tuttavia, che l’ultima volta in cui ho potuto ammirare in sequenza la Pietà, la Sistina e il Laocoonte, concentrato sul volto del sacerdote troiano, ho provato un brivido, e ho sorriso, pensando ai protagonisti di questa vicenda e all’intreccio inestricabile di astuzia, genio e tormento.

Cosa le ha lasciato questa esperienza di scrittura?

Un messaggio da poter condividere con tutti i lettori, anche con quelli che non necessariamente sposeranno la mia ipotesi, un messaggio pieno di speranza. Ma non voglio rivelare troppi dettagli...

Progetti futuri, ci sono altre pubblicazioni sulle quali sta lavorando?

*A breve è atteso un mio romanzo “distopico” per i tipi di Passaggio al Bosco. Un romanzo che è un tributo ai nostri nonni, forza rivoluzionaria in un’epoca segnata da fatalismo e rassegnazione.


*Per onor di cronaca, La guerra è finita, a cui l’autore si riferisce nell’intervista, è uscito proprio in questi giorni.




Sinossi:

Il 14 gennaio del 1506 nella vigna di un funzionario pontificio, Felice de Fredis, fu ritrovato un complesso marmoreo che avrebbe condizionato profondamente l’estetica europea: il Laocoonte. Immediatamente identificato come uno dei capolavori della statuaria antica, menzionato da Plinio nella Naturalis historia, viene acquistato per il cortile del Belvedere da papa Giulio II. Sul luogo della scoperta quel giorno apparve Michelangelo Buonarroti. Il Laocoonte lascerà un segno indelebile sulla sua arte di imprimere energia e forza vitale al corpo umano. E se questo legame avesse un’altra spiegazione? Se Michelangelo, già noto per una famosa contraffazione, Cupido dormiente, “antichizzato” a dovere e sepolto in una vigna, poi venduto per antico, avesse replicato la truffa? Il libro analizza tutti i risvolti di questa intricata vicenda, ne ricostruisce il contesto storico-culturale, richiamando la dimensione simbolica del Laocoonte e il suo messaggio spirituale e politico.


Note biografiche

Francesco Colafemmina classicista e saggista, è autore di diverse opere e traduzioni fra le quali ricordiamo: Dialoghi con un Persiano di Manuele il Paleologo (Rubbettino 2007), Il matrimonio nella Grecia Classica (Settecolori 2011), La democrazia di Atene (Passaggio al Bosco 2020).


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